Poles Apart

L’opera floydiana è ritenuta tra le più innovative e influenti della musica moderna, ma non c’è lettura critica che esaurisca la complessità dell’arte dei Pink Floyd, reticenti ai commenti dei propri lavori quanto fedeli ad una prassi di ricerca continua, ostinatamente eclettici nella scelta degli strumenti per attuarla.
Tra le ultime opere annoveriamo l’album The Division Bell del 1994, lavoro ricco di significati nascosti o perlomeno mai volutamente esposti a chiare lettere.

Il brano Poles Apart appartiene a questo LP e devo ammettere che in questo caso i significati nascosti sono molteplici ed a volte sufficientemente criptici da decifrare, a tal punto da indurre in molteplici e profonde riflessioni prima di riuscire a scriverne emozioni e significati.
La sensazione generale che mi suscita la canzone è quella di leggiadria e leggerezza, mentre in realtà siamo di fronte ad una paradossale armonia, colma di rimpianti, in sintonia con il mood dell’intero album che guarda indietro a cosa e come si poteva fare in modo diverso, attribuendo a sé stessi e ad altri responsabilità ben definite, oltre che a ribadire valori umani imprescindibili. Questo avviene anche in altri brani dello stesso LP quali Keep Talking e Lost For Words.
Il titolo del brano è eloquente e tratta di persone paragonate ai poli di un sistema che, seppur separati nettamente tra di loro, con ben poco in comune e nonostante la loro umana distanza, polarizzano situazioni in maniera considerevole ed irradiano energia in tutto ciò che li circonda.

L’arpeggio iniziale di Gilmour è una delizia per le nostre orecchie e mi fa venire in mente una giostra, di quelle d’epoca, defilata rispetto a quelle più tecnologiche presenti in un lunapark, con tutto il suo fascino d’altri tempi, colorata, ottimamente mantenuta. Mentre gira, la vedo al rallentatore come se lei stessa volesse ripropormi, con la dovuta calma, personaggi seduti su di essa e raccontarmi la loro storia.

Il primo personaggio che ci descrive è Syd Barrett, colui che ha dato colore musicale ai suoi sogni lisergici, quel golden boy il cui pensiero si diluisce nelle parole che Gilmour gli dedica all’inizio del brano, descrivendolo fraternamente alla stregua di un caro amico perso per strada.

Syd ha da sempre rappresentato la scintilla scatenante quel fuoco cromatico dal nome Pink Floyd.
Quella luce scintillante negli occhi di Syd non si è mai spenta nell’immaginario collettivo ed ha sempre, magicamente, fatto volare la band, facendole raggiungere vette inimmaginabili ed una notorietà senza tempo.
Possiamo affermare al di là di ogni dubbio che nonostante la sua assenza, Syd ha sempre convissuto con gli altri membri della band, costituendone costante motivo di ispirazione artistica.

La melodia del brano, volutamente infantile in alcuni passaggi, è un potente strumento per far volare l’immaginazione e, in qualche modo, diventa sinonimo di spensieratezza che si acuisce quando nel brano udiamo le musiche e le rappresentazioni sonore di un luna park, che rendono palpabile quel sentimento di fanciullesca ed innocente gioia che solo Syd poteva trasmettere.

Il secondo riferimento è palesemente rivolto a Roger al quale David presenta un resoconto bruciante:

And did you see that it wasn’t only me, you were running from?

consolidando il pensiero comune di quanto Waters sia stato enormemente gravato dal peso delle vicissitudini personali.
In maniera chiara Gilmour evidenzia il disagio di Roger, incapace di gestire il suo ruolo nella band e trovando in questa, a suo dire, un limite creativo ed espressivo, quasi un peso, ingabbiante lo stesso Waters in un abbraccio claustrofobico e limitandone la sua espressività artistica mentre in realtà risultava sempre più sopraffatto da insuperabili paure affioranti dal suo io più profondo.

Mi piace pensare che l’ultima parte del brano si riferisca di nuovo a Syd al cui solo pensarci, la stanchezza e le delusioni accumulate dalla band vengono spazzate via.
Questo rafforza la consapevolezza che il golden boy non avrebbe mai perso quella scintilla nei suoi occhi sinonimo di creatività e per questo Gilmour, gli dedica un solo di chitarra eclettico, limpido, espressivo che ci fa venire la pelle d’oca e battere il cuore a mille pensando a quanta meraviglia possa scaturire da un pentagramma floydiano, rimarcando ancora una volta che chi è in sintonia con il sistema delle false necessità create dalla scorta dei consumi, è solo un intrattenitore.