Interstellar Overdrive

Dopo aver riascoltato recentemente questo brano strumentale, ne ho trovato finalmente una definizione: è la formulazione sonora di un sogno.

Appartenente all’album The Piper At The Gates Of Dawn, primo disco dei Pink Floyd del ’67, questo pezzo è stato la scintilla che ha portato alla detonazione del gruppo, ovviamente nel senso positivo del termine.

Senza dubbi di sorta Syd è il cervello della band, un personaggio con una creatività che sarebbe stato impossibile delimitare e le cui composizioni sono state straripanti di contenuti.

La spinta propulsiva va sicuramente ricercata nel bisogno di coprire musicalmente uno spettro avanzato di suoni ed esperienze, nel quale non esistono limiti alle minuterie né servilismo funzionale a schemi presumibilmente decaduti, né la rassegnazione a sopportare il principio della banalità, tradizionalmente legato al rock.

Il brano si presenta come un caleidoscopio con miriadi di colori. Ma noi non siamo meri osservatori perché la musica ci proietta istantaneamente nel caleidoscopio e diventiamo parte di esso, apprezzandone appieno la libertà cromatica fatta di quella vernice floydiana stesa in abbondanti pennellate di acrilici ed oli, con una libertà compositiva fuori dal comune.
Se volete, quindi, fare un viaggio onirico, in una dimensione impalpabile, dove la freschezza espressiva dei componenti della band lasci di stucco l’ascoltatore, allora Interstellar Overdrive è il brano che state cercando.

Già la copertina dell’album, uno dei pochi con le foto della band, lascia intendere cosa ci aspetta durante l’ascolto.

La chitarra di Syd è accordata per lanciarci a capofitto, in completa apnea, in suoni surreali che permeano ambienti fantastici, popolati da fantasmi e cataclismi cosmici.
Si ha la vivida percezione sensoriale di immagini di fantasia, fiabe e sogni irreali capovolti, voli spericolati in completa assenza di gravità con rotazioni della nostra mente su assi diversi, in un turbinio di sensazioni mai provate prima.

Peculiarità che si percepisce durante l’ascolto è la spiccata creatività di ogni singolo musicista. In particolare avvertiamo Syd e Rick dialogare tra di loro estraniandosi totalmente da tutto e da tutti, in un viaggio lisergico a base musicale, mentre Roger e Nick ricamano motivi musicali quasi fossero nella fase r.e.m. di un sogno.

Il viaggio, lungo il quale il brano ci conduce, attraversa luce e colore delineando scenari sospesi, non materici, tutti da contemplare come paesaggi interiori di quell’anima che porta il nome Pink Floyd.

Le sonorità che percepiamo non le avvertiamo in nessun altro album e, mentre ascoltiamo attentamente in cuffia questo gioiello di una avanguardia assoluta, consapevoli che questa figura sonora creata ad arte ha volutamente lo scopo di accerchiare l’ascoltatore, ci abbandoniamo totalmente nel nostro viaggio interstellare.