Fat Old Sun

Riscopro questa canzone dei Pink Floyd e mi accorgo, ascoltandola ad occhi chiusi, quanto la voce di Gilmour sia così eterea da suscitarmi uno straniamento mentale da ciò che mi circonda.
Il brano Fat Old Sun, dell’album Atom Heart Mother del 1970, fa delle sue trame più semplici motivo di grande spettacolo musicale, in netta contrapposizione con altri brani dell’album, marcatamente sperimentali.

Le campane festanti ad inizio brano rimandano immediatamente ad un altro successo quale High Hopes, lasciandomi incredulo circa la proiezione temporale lunga 24 anni che intercorre tra i due pezzi, lasciando intendere, visto il preludio, che quello che sto per ascoltare brilla di luce propria.

David sussurra le parole con un tocco disarmante e mi sento subito, accompagnato dalle parole, immerso in un fantastico crepuscolo, ma non guardo il sole tramontare perché lo voglio immaginare ad occhi chiusi e solo la mia immaginazione, alimentata dalla musica e dalle parole, può creare infiniti tramonti, di altrettanti infiniti cromatismi, inanellati l’un l’altro dalla slide di Gilmour, che accompagna l’ascolto durante lo scorrere di questa preziosa gemma musicale.

Le liriche, molto evocative, completano la figura sonora che vedo con la mente e mi proiettano immediatamente su un prato, descritto molto bene dalle tastiere di Rick, con l’erba tagliata da poco che il sole del giorno ha provveduto ad enfatizzarne il profumo, mentre le risate dei bambini riecheggiano in lontananza.

Le emozioni suscitate sono così delicate, quasi timide, che lo spartito del brano diventa luogo di incontro di ciò che pervade l’io in quel momento e, nell’ascoltare il brano, mi sembra di essere con David che lancia un messaggio rassicurante, caloroso, quasi fraterno.

L’esecuzione del brano declina il nostro stato d’animo nel rosso fuoco che il sole emana al tramonto e che man mano sfuma verso toni acrilici del viola e poi in toni di blu notturno, ma rimango consapevole che nulla può incupirmi perché l’eredità musicale dei Pink Floyd mi accompagnerà nella vita e mi abbandono anima e corpo a quanto il testo evoca:

The sound of music in my ears

Strumentalmente la canzone vede i quattro protagonisti amalgamati alla perfezione con Nick che alle pelli ritma squisitamente mentre Roger accompagna in maniera deliziosa i compagni con aperture di basso delicate.
E li voglio immaginare così, immersi nella luce di un sole dai bagliori rossi infuocati sulla linea dell’orizzonte, proiettante le lunghe sagome dei quattro Pink Floyd ad indicare un percorso musicale tutto da scoprire.

Segnalo le esecuzioni live a Gdansk di Gilmour e quella di “Remember That Night”, con Rick alle tastiere. Godetevi i solo finali che non hanno nulla da invidiare ad altri più blasonati.